martedì 10 aprile 2012

Il passaggio della Lega Nord: i giorni della trota

E' uno spaghetti western (un film di pistoleri) quello che passano questa settimana.

Ecco il cast.

Il Boss.
Il figlio del Boss.
L'Autista.
La badante del boss.
La giornalista.
L'innominabile.

Non serve rivelare i nomi degli interpreti.

Soprannomi degni di un film capolavoro firmato Sergio Leone: Per un pugno di dollari. Il titolo è quantomai azzeccato anche per questa produzione tutta padana. Però la produzione lo ha cambiato in: Per una vagonata di milioni di euro, reputandolo più corretto.
Più che partiti, vere e proprie gang, con tanto di furti, doppi giochi e tradimenti.

La trama:
Il vecchio Boss in decadenza cerca, con imbarazzanti uscite pubbliche, di mascherare lo scandalo e le sue difficoltà fisiche mentre giovani rampolli (forse a sua insaputa) sono pronti alla scalata al potere approfittando della poca lucidità del capo e del potere che la sua figura riesce ancora a calamitare, . 
Il Figlio del Boss intanto si circonda di "ragazzi" (guardie del corpo) e ragazze, come uno spregiudicato capobanda che imperversa le strade di una fumosa metropoli senza legge, rilascia interviste a Vanity Fair guidando auto di lusso. Sembra ignaro della tempesta che presto si abbatterà su di lui.
L'Autista fa il doppio gioco. Scarrozza il Figlio del Boss e gli riempie le tasche di soldi (denaro prelevato dalle casse dei fondi pubblici) mentre filma e documenta le malefatte. Però, invece di raccogliere le prove e portarle allo sceriffo, le consegna alla stampa. Che paga, pur di avere in mano scoop succulenti.
La Badante del Boss, confusa, temporeggia, prende fiato, va a Porta a Porta. Ma dopo aver capito che perfino i peggiori colpevoli assassini piangono davanti alle telecamere fingendo di essere completamente estranei ai fatti e versando lacrime di coccodrillo, ormai non ci crediamo più.
La Giornalista, Rosanna Sapori, lavora oggi in un'edicola per aver denunciato a Radio Padania ancora nel 2004 i malaffari del partito (Credieuronord). "Mi hanno fatto fuori", ammette.

E l'Innominabile?
Ne tacevo per aumentare il mistero. Pare che l'Innobinabile abbia convinto il Boss a vendere se stesso e il partito al dio denaro. Il capo accettò il "tradimento" a causa di profonde difficoltà economiche: non poteva pagare le querele miliardarie mosse al partito dallo stesso Innominabile
"Se mi dai i soldi, io ritiro le querele, tu mi cedi il simbolo però. Cioè tu non ti puoi più presentare con questo simbolo se non sono io a dirti si". Gracchia la sua voce, mentre si fa largo da oscure registrazioni.

Eppure, nonostante le fattezze da spaghetto western, lo scandalo è dannatamente reale, come i quarantamila euro che il Figlio del Boss riceverà  per le sue dimissioni. Regalo di addio dovuto, visti i contribuiti determinanti che ha svolto nella gestione della regione Lombardia. Veniva pagato 150 mila euro l'anno per farlo. Più di tre governatori californiani messi assieme.
E dalle ultime news pare che alcuni soldi li abbia utilizzati per una rinoplastica. Il Figlio del Boss, avendo da rifarsi il naso, non sentiva ancora puzza di bruciato. Come la rodata tradizione da "satira da social network" vuole, non ho saputo trattenermi.

Tutta questa storia ha una morale:


No ai finanziamenti pubblici dei partiti.

La fiducia della gente non si guadagna tempestando gli elettori con campagne miliardarie che fanno emergere solo chi ha più denaro e non chi ha più merito.
Basterà l'indignazione popolare di questo scandalo, per smuovere le acque in questa direzione?

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